La chirurgia delle varici mediante correzione dei reflussi si è notevolmente ampliata negli anni recenti grazie a varie tecniche che si prefiggono di obliterare in situ, definitivamente, le vene safene.
Notevoli sforzi sono stati fatti in questi ultimi anni nel tentativo di trovare soluzioni alternative, o meglio complementari alla chirurgia tradizionale. Le metodiche mininvasive ed endovascolari hanno sempre più trovato spazio e negli ultimi dieci anni notevole interesse ha suscitato l’utilizzo delle onde elettromagnetiche nel trattamento di tale patologie.
Finora, la procedura di interruzione e stripping delle safene con conseguente eliminazione di vene tronculari incontinenti si è dimostrata la più efficace per l’eliminazione del reflusso, della ipertensione venosa, dei sintomi e dei segni delle varici, e per il mai del tutto risolto problema delle ulcere venose.
Le tecniche endovascolari, molto meno invasive dello stripping, stanno ora dimostrando risultati significativamente favorevoli e pertanto assistiamo ad un sempre maggior uso delle stesse.
A conferma di questa tendenza, le attuali Linee Guida flebologiche internazionali prospettano infatti a fianco dell’intervento di stripping corto, con conservazione quanto più possibile della parte integra delle vene safene, un maggior uso di tecniche non invasive tra cui, per i loro intenti conservativi emodinamici e per effettiva minor invasività, le nuove tecnologie: Laser, radiofrequenza, sclerosi con tecnica della mousse (seppur quest’ultima non rientrante nel capitolo della chirurgia).
Tra queste, il trattamento Laser fu proprio il primo ad essere utilizzato, dimostrandosi capace di indurre un’occlusione fibrotica duratura delle vene safene mediante la contrazione del collagene, la distruzione dell’endotelio, l’ispessimento della parete venosa e la riduzione del lume vasale.
Il trattamento laser endovenoso
L’idea di impiegare il Laser nel trattamento endovascolare non è infatti nuova: negli stessi anni in cui rientrava l’ipotesi di un suo impiego in chirurgia arteriosa con scopi di rivascolarizzazione per ostruzioni, venivano sviluppate in Italia, con lo stesso tipo di Laser, alcune interessanti esperienze pionieristiche in campo venoso seppur in maniera limitata e con strumentazione inadeguata perché non dedicata.
Solo alla fine degli anni 90, sono comparse in letteratura alcune esperienze internazionali che hanno riproposto un rilancio della metodica grazie all’uso del Laser a diodi specificatamente dedicato.
L’iter percorso parallelamente dagli sviluppi tecnologici e procedurali ha portato in modo progressivo alla necessità di una standardizzazione, non tanto nell’utilizzo degli erogatori di energia, per loro natura ad azione pressoché simile, quanto della procedura atta al trasporto di detta energia con finalità terapeutiche.
Il perfezionamento di un kit di materiali dedicato a questo scopo ha avuto il significato di rendere l’intervento chirurgico sicuro, efficace, poco costoso e riproducibile grazie a presidi necessariamente da utilizzarsi secondo una cronologia ben stabilita (step by step). Il passo seguente quindi è stato la puntualizzazione di questa cronologia, altrimenti definibile, nel suo insieme, procedura laser endovenosa o Endovenous Laser Treatment.
In seguito alla standardizzazione dell’impiego del laser per il trattamento della safena interna, con conseguente raccolta di una casistica omogenea, è stata presentata negli Stati Uniti la richiesta di approvazione FDA (Food & Drug Administration) della procedura, intesa come l’insieme dei presidi e dei gesti chirurgici indispensabili per la sua corretta esecuzione.
L’approvazione FDA della procedura chirurgica laser per il trattamento della vena safena interna e del kit per procedura giunse nel novembre 2001 con la denominazione registrata di EVLT (Endo Venous Laser Treatment).
Nel 2002 infine, è stata ottenuta una seconda approvazione FDA, per una procedura laser non solo dedicata all’insufficienza safenica interna, con la denominazione registrata ELVeS (Endo Laser Vein System).
In questo panorama, giustamente da subito definito “new Horizons in the treatment of saphenous vein reflux” si riscontrò però in Italia, che pure aveva giocato un ruolo d’avanguardia, un curioso conservatorismo nella chirurgia delle varici rispetto ai notevoli progressi della chirurgia endovascolare arteriosa, facendosi un prevalente uso della safenectomia totale con un forte scetticismo sulle procedure endovascolari venose. Altrettante resistenze, inoltre, sono state presenti verso le nuove conoscenze riguardanti la molteplicità di patterns clinico-emodinamici, comunque predisponenti a soluzioni affatto differenti rispetto ad uno standard, di certo superato dalle conoscenze attuali dell’IVC.
Tutto ciò nonostante siano ben noti gli inconvenienti di un estensivo uso della tecnica dello stripping lungo: ancora spesso impiegata l’anestesia generale, troppo frequenti complicanze quali sanguinamento, ematomi prolungati, infezioni, parestesie e danni neurologici specie malleolari, danni linfatici, cicatrici inestetiche, fino ad un ritorno del tromboembolismo venoso post-operatorio, e non ultimi, ricoveri prolungati con elevata spesa ospedaliera. Soprattutto, nonostante le nuove conoscenze anatomico-emodinamiche fornite da un regolare uso della mappa emodinamica mediante ecocolordoppler indicassero il coinvolgimento della vena safena nella patologia varicosa in un numero di casi molto più ristretto di quanto ritenuto in passato.
Il concetto fondamentale da esprimersi in questa sede è che il raggio Laser è comunque un fenomeno fisico, che estrinseca i suoi effetti mediante una selettiva produzione di calore nel proprio cromoforo. Il calore lo rende uno strumento chirurgico vantaggioso unicamente in queste applicazioni in cui si debba ottenere un danno, diretto o indiretto (thermal injury), ad un determinato tessuto e che lo si voglia provocare in modo estremamente selettivo, regolabile, pressoché esangue con caratteristiche, quindi, di mini-invasività.