Il Laser è un raggio di luce non esistente in natura, amplificata, monocromatica, unidirezionale, ottenibile dalla stimolazione di materiali attivi di cui è composta l’apparecchiatura generante il Laser.
Il termine deriva dall’acronimo L.A.S.E.R. che sta per “light amplificated stimulated emission radiation”.
L’energia luminosa, visibile ed invisibile prodotta da alcuni laser può tagliare spesse lamine d’acciaio; altri laser sono così delicati da scalfire singole cellule corneali.
Esistono numerosi tipo di Laser a diversa lunghezza d’onda, impulsazione e potenza che determinano diverse interazioni sulla materia biologica. In campo biomedico vengono utilizzati vari materiali attivi: solidi (Rubino, Neodimio-YAG), liquidi (Rodomina), gas (He-Ne, aArgon, CO2, Kripton), semiconduttori (diodi), con caratteristiche fondamentali (assorbimento e penetrazione) molto variabili.
Effetto del laser sui vasi e tessuti
La presenza di sangue all’interno del vaso gioca un ruolo importante per la distribuzione omogenea del danno termico all’interno della parete venosa durante la procedura. È inoltre intuitivo che l’omogeneicità della distribuzione di energia costituisca un vantaggio in termini di risultati. Di fatto, l’estensione del danno all’endotelio e in seguito in direzione panmurale all’intera parete del vaso induce l’effetto desiderato; l’occlusione del lume per tutta la sua lunghezza e un danno degenerativo e irreversibile fino ai vasa vasorum.
Un altro fatto interrogativo da porsi nell’interazione laser – vasi sanguigni è di fatto quanto sia tollerabile la cessione di calore ai tessuti perivenosi, ambito nel quale oltre a diventare inutile, potrebbe rilevarsi dannoso per strutture sensibili quali i nervi. Il Prof. Lahl e Coll. hanno dimostrato con un loro studio che l’anestesia tumescente perivasale riduce l’aumento di calore a livello tissutale rispetto ai casi non trattati. Comunque il riscaldamento veniva tollerato anche in assenza di infiltrazione perivasale protettiva in quanto il riscaldamento perivenoso è molto modesto rispetto alla temperatura raggiunta nell’ambiente endovenoso.
Il kit per la procedura e principi di tecnica
Il kit per la procedura laser endovenosa validato dall’ente certificatore FDA comprende:
1. un ago 19G lungo 7 cm per accesso percutaneo;
2. un filo guida ecogenico con terminale a J in teflon da 0,035”;
3. un sistema doppio di cateteri coassiali, composto da un catetere-introduttore da 5 French (55, 75 e 98 cm di lunghezza, ecogenico dotato di attacco Louer-lok e millimetrato) e da un dilatatore conico, più lungo del primo e da montare al suo interno. Quando assemblati, si avrà il posizionamento della punta del dilatatore all’esterno del catetere, ad una distanza predefinita di 2 cm;
4. fibra laser ottica endovasale da 600 micron, dotata di marker removibile e attacco Louer-lok con stessa lunghezza, dallo stesso alla punta, del dilatatore conico.
La logica del funzionamento di tali materiali è piuttosto semplice ed intuitiva, acquistabile anche su back table. L’ago, visualizzabile ecograficamente per dimensioni, permette l’accesso all’ambiente endovenoso, in un punto preventivamente deciso in sede di mapping.
Al suo interno può scorrere la sonda ecogenica con terminale a J, che verrà fatta avanzare per una lunghezza desiderata: su tale guida andrà introdotto il complesso dilatatore-catetere. La punta del primo raggiungerà il terminale a J della sonda, il quale diventando rettilineo scomparirà al suo interno: si ricorda che la sua scomparsa sarà anche ecografica, essendo il dilatatore non ecogenico.
Infine, estratta sia la sonda J che il dilatatore, si introdurrà la fibra laser fino al marker removibile. Si provvede a rimuovere il marker e si retrae il catetere fino al Louer-lok, che andrà fissato al corrispondente del catetere con lo scopo di rendere solidale la prima al secondo.
A questo punto avremo la certezza che la punta della fibra laser corrisponderà al punto in cui avremo visto scomparire il terminale J, ovvero a 2 centimetri esternamente al termine del catetere, e nel punto esatto in cui avremo posizionato in precedenza la sonda ecogenica J. Tale procedura, semplice lontano dal campo operatorio, può incontrare svariate difficoltà in termini pratici, partendo da problemi nella puntura percutanea (profondità della vena, scarsa ecogenicità del paziente, errore nel rivestimento della sonda ecografica) per arrivare a ostacoli di sondaggio della vena da parte del filo guida, fino all’incertezza del posizionamento della punta laser. Tali difficoltà, del tutto normali, e il loro superamento costituiscono l’oggetto della cosiddetta “curva di apprendimento”, che inevitabilmente si compie sul paziente. Per facilitare l’addestramento e per garantire procedure omogenee, al riparo da individualismi a volte scriteriati, è stata approntata una linea di comportamento, passo dopo passo, che possa costituire una guida alla corretta esecuzione della procedura laser endovenosa: il cosiddetto step-by-step.